C'è da chiedersi se l'enorme produzione grafica del Duranti non costituisca per caso lo strumento di lavoro di un conoscitore, una sorta cioè di quel che ai nostri giorni è la fototeca, indispensabile a chi vuole aver sottocchio il repertorio figurativo di epoche e di artisti anche tra i più distanti ed opposti. Una tale interpretazione dell'opus grafico del Duranti non suona inverosimile; né, sotto questo aspetto, deve sorprendere l'assenza di ogni e qualsiasi accenno alla specificazione del dettaglio: siamo ancor distanti, nell'epoca in questione, dalle messe a punto positivistiche di Giovanni Morelli e dalla pratica dell'attribuzionismo trasformata in scienza. Ma resta il fatto inequivocabile che, anche a considerare i prodotti della penna e del bistro di Fortunato Duranti come il mezzo di lavoro di connoisseurship, essi risultano soprattutto l'espressione di una mente visionaria, di un autentico artista, figlio della sua epoca, anzi, direi, erede ultimo di una gloriosa e incomparabile tradizione figurativa, come fu quella italiana tra la metà del Duecento e la fine del secolo XVIII. Il Duranti, in realtà, chiude quella lunga storia situandosi in una posizione che, allo stesso tempo, appartiene al locale neoclassicismo italiano e allo speciale capitolo dei visionari europei della fine del Settecento. Oltre agli accenni alla conoscenza di Bartolomeo Pinelli, di Tommaso Minardi, di Felice Giani, Fortunato Duranti si esprime con il piglio allucinato che è proprio di un Fuessli o di William Blake. Ma anche se sotto un'ottica del genere egli esige un posto che non è degli ultimi (e anche in un panorama né regionale né nazionale, bensì ampiamente europeo) interviene, a sovrapporsi ad un piano di interpretazione del genere e a porlo in dubbio, il sospetto che la tendenza visionaria, allucinata, sia il portato di una condizione patologica, luetica oppure mentalmente instabile: ed un'ipotesi fortemente avvalorata dallo sconcertante autoritratto del Duranti nella Pinacoteca di Montefortino, nonché dalle insensate scritte che egli stesso appose in calce a molti suoi disegni, scritte di cui la presente rassegna offre esempi non indifferenti, prive di ogni costrutto,esse non hanno altro significato che quello di improvvise quanto irrazionali sortite di una mente che al filo della conseguenza logica ha sostituito l'incessante spezzarsi e riprendersi casuale di frammenti eterogenei, estratti e mescolati dal fondo dei sedimenti della memoria da emozioni improvvise, da esperienze personalissime, incomunicabili. E' quest'ultimo, quello patologico, l'indirizzo giusto per un'adeguata lettura dei disegni del Duranti? Oppure quello del marchand-amateur, del collezionista e mercante di quadri? O è il Duranti conoscitore che va tenuto presente? O, infine, è la sua personalità di artista la sola e unica valida per una sicura valutazione critica e storica? In realtà, nessuna di queste vie va accettata come esclusiva, perché tutte sono ugualmente valide, quali espressioni di una mente di eccezionale complessità, tormentata dall'incessante rovello che gli derivava dalla straordinaria ampiezza dei suoi interessi: una mente così complicata e lacerata da essere stata capace poche volte di sortire dalla grafica per salire sino alla pittura, realizzando le proprie visioni con quella elaborata compiutezza che, a confronto della penna e del bistro, comporta l'uso dei pennelli e dei colori. E infatti, non cessa mai di sorprendere il divario, quantitativo e qualitativo, che separa il Duranti disegnatore, con la sua sterminata e sempre incisiva produzione, dal Duranti pittore, con le sue poche (e diciamolo anche, mediocri) tele. Forse il vero suo dramma fu quello di essere il primo, autentico artista moderno della pittura italiana, lacerato dal contrasto tra gli schemi figurativi di una tradizione storica (a lui nota in modi capillari e non da dilettante, ma della cui vicenda avvertiva la chiusura finale, avvenuta alla fine del Secolo XVIII) e, d'altra parte, dalla ricerca verso schemi espressivi nuovi, inediti e consoni ai nuovi tempi. Credo che in una siffatta tensione tra passato e futuro, tra cultura e vita, tra memoria e sentimento, vada colta l'essenza dell'arte del Duranti e della sua singolare presenza, patetica ma sincera e anche grande. ......- FEDERICO ZERI-

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